Curare le allergie alimentari
Le allergie alimentari non possono essere guarite mediante terapia farmacologica. L’individuazione e la conseguente esclusione dell’alimento o degli alimenti responsabili dal vitto quotidiano rappresenta l’unico trattamento efficace – e obbligato – per la prevenzione e la cura delle allergie alimentari.Tutti i cibi che reagiscono devono essere altrettanto esclusi, o assunti solo dopo averne valutata la tolleranza. La gestione di un’allergia alimentare attraverso l’esclusione dell’allergene dalla dieta non è semplice per varie cause. Le frequenti difficoltà d’interpretazione delle etichette, in relazione ai differenti modi di nominare lo stesso componente, la non sempre completa descrizione degli ingredienti contenuti nei cibi consumati fuori casa, l’uso promiscuo di mestoli, tegami, oli di frittura in mense e ristoranti; tutti questi fattori comportano, nel loro insieme, il rischio di assunzione involontaria degli alimenti vietati. Per i bambini piccoli ulteriori pericoli possono derivare dallo scambio di merende con compagni o dal consumo casuale di cibi non tollerati durante feste o laboratori alimentari. La messa in atto di un regime dietetico di eliminazione, è ovvio, si realizza più facilmente se l’esclusione riguarda un solo alimento o alimenti di uso sporadico e di marginale importanza nutrizionale, ma se i cibi da escludere sono di uso comune o rivestono un molo fondamentale in ambito nutrizionale, la formulazione dello schema dietetico alternativo è assai complessa e richiede interventi specialistici personalizzati, oltre all’assunzione di eventuali integratori. L’esclusione rigorosa del gruppo di alimenti che potrebbe contenere l’allergene comporta spesso, nel soggetto allergico, ricadute psicologiche di non poco conto, soprattutto in relazione alle innumerevoli circostanze sociali durante le quali l’incerta composizione dei cibi impone rinunce.
L’approfondimento delle conoscenze personali in campo alimentare, la programmazione di menù vari ed equilibrati, l’ausilio di ricenari, articoli e di tutto ciò che contribuisce a conoscere meglio la propria allergia sono, per il paziente allergico, utili strumenti per evitare il rischio di malnutrizione e per una più serena e consapevole gestione della vita quotidiana. Alla luce di queste considerazioni, la prescrizione di una dieta di eliminazione, con tutte le restrizioni che ne derivano, deve essere sempre successiva a una corretta diagnosi di allergia ad alimenti. In alcuni casi la dieta di esclusione, condotta per più anni, può indurre lo sviluppo di tolleranza. Una riduzione della reattività ai test cutanei e della concentrazione delle lgE specifiche nel siero del paziente consentono di eseguire, nei tempi opportuni, nuovi test di provocazione orale, la cui negatività rappresenta l’unica prova certa dell’acquisita tolleranza verso l’alimento escluso. La probabilità di sviluppare tolleranza dipende da vari fattori, quali l’età del paziente (i bambini sono favoriti rispetto agli adulti), il tipo di alimento responsabile (arachidi, noci e nocciole inducono allergie permanenti), l’intensità della risposta allergica. Nel caso di celiachia, l’esclusione dei cereali contenenti Odine deve purtroppo durare tutta la vita.
Curare le allergie alimentari con i farmaci
La comparsa di sintomi legati a reazione allergica alimentare per involontaria assunzione dell’alimento allergizzante, e la conseguente necessità di assumere farmaci, non sono eventi infrequenti. Il tipo di intervento farmacologico varia in relazione alla sintomatologia e alla diagnosi del medico.
- Antistaminici. Sono i farmaci elettivi in caso di sindrome allergica orale o orticaria/angioedema non grave; questi farmaci bloccano l’azione dell’istania e la comparsa della sintomatologia caratteristica.
- Corticosteroidi. Sono farmaci con azione antinfiammatoria e inibente il sistema immunitario; risultano efficaci nel trattamento delle allergie alimentari, anche se gli importanti effetti collaterali ne impongono un uso molto prudente e circoscritto nel tempo.
- Cromoni. Sono farmaci antiallergici capaci di stabilizzare la membrana dei mastociti e di prevenire la liberazione di istamina; sono impiegati nel trattamento di allergie respiratorie e, a volte, di allergopatie alimentari lgE, mediate, anche se la loro efficacia in questo ambito è controversa
- Adrenalina. È il farmaco elettivoin caso di shock anafilanicc), quadro clinico che può mettere in pericolo la vita stessa del soggetto colpito. L’esistenza di preparati predosati e autoiniettabili di adrenalina consente un intervento tempestivo da parte dello stesso paziente, già opportunamente istruito, nell’attesa di giungere al pronto soccorso più vicino.
Prospettive future
Sono attualmente allo studio interessanti profili terapeutici che potrebbero divenire future ed efficaci anni contro le allergie alimentari:
- utilizzo di anticorpi anti-IgE integrati a immunoterapia;
- messa a punto di speciali vaccini modificati; per il momento il ricorso a vaccini mirati è una strada non percorribile a causa di effetti indesiderati. Lasciano però ben sperare studi in corso su specifici vaccini volti a contrastare ognuno allergie a frutta, verdura e pesce, ma non sarà mai realizzabile un unico vaccino valido per nate le allergie alimentari;
- produzione di alimenti privi della componente antigenica grazie all’impiego di tecniche di ingegneria genetica;
- selezione di ceppi batterici protettivi e somministrazione mirata di probiotici. Questi ultimi, inducendo un riequilibrio della microflora intestinale e una persistente stimolazione, sembrano favorire la misurazione del sistema immunitario e la parallela riduzione del rischio d’insorgenza di allergie. L’impiego di alcuni ceppi di probiotici potrebbe dunque rappresentare un nuovo strumento di prevenzione e trattamento delle allergie lgE mediate;
- migliore comprensione dei meccanismi relativi allo sviluppo della tolleranza orale in grado di modificare l’attuale approccio terapeutico, basato sulla sola prevenzione, e favorire l’indroduzione mirata di certi alimenti.
La prevenzione alle allergie alimentari
In mancanza di una terapia specifica, le allergie alimentari possono essere controllate solo attraverso l’esclusione dell’alimento responsabile e la programmazione di un supporto farmacologico adeguato a fronteggiare eventuali manifestazioni acute. Ma esiste la possibilità di bloccarne o rallentarne l’insorgenza? Nonostante il ruolo fondamentale che la componente ereditaria ha nello sviluppo delle malattie allergiche, importanti studi hanno dimostrato che non tutti i gemelli omozigoti, figli di genitori allergici, hanno poi sviluppato tale patologia. Ciò consente di dedurre che fattori ambientali e nutrizionali, come fumo e dieta, giochino un ruolo fondamentale nello sviluppo delle malattie allergiche. Ad esempio fumare in gravidanza aumenta del 50% il rischio di allergie varie del nascituro.
Allo stato attuale delle conoscenze, la loro prevenzione si esercita solo attraverso un controllo dei fattori favorenti la sensibilizzazione, aspetto realmente praticabile soprattutto nella prima infanzia. Il tipo di alimentazione dei primissimi mesi di vita influenza infatti l’evoluzione di patologie allergiche in soggetti predisposti. A questa età la parete intestinale, ancora immatura, può risultare permeabile a frazioni proteiche indigente favorendo così processi di sensibilizzazione.
Vi sono però alcuni interventi ritenuti capaci, se non di prevenire, almeno di ritardare l’epoca di insorgenza di allergie in bambini predisposti:
- l’alimentazione esclusiva con latte materno per i primi 6 mesi e il prolungamento anche oltre tale data dell’affiatamento al seno;
- l’introduzione dei primi alimenti solidi solo dopo il quinto/sesto mese di vita;
- l’utilizzo di latte in polvere ipoallergenico per l’alimentazione di bambini con familiarità allergica love non fosse praticabile l’allattamento al seni;
- l’introduzione di alimenti fortemente allergenici solo dopo il primo anno di vita o anche oltre. In generale l’età della prima esposizione a un allergene, oltre che il grado di esposizione a esso, condizionano il processo di sensibilizzazione: quantità anche piccolissime di allergeni passati nel latte materno possono essere sufficienti a promuovile questo tipo di evoluzione. Se il bambino allattato al seno manifesta sintomi allergici, la madre dovrà escludere dalla propria dieta gli alimenti ad alto potenziale allergenico. Alcuni studi evidenziano che i bambini con familiarità allergica. allattati al seno, presentano una minore incidenza di dermatite atopica se le loro madri mantengono, durante l’allattamento, un atteggiamento di prudenza verso alcuni alimenti (soprattutto latte, pesce, uova). Restrizioni dietetiche condotte nell’ultimo trimestre di gravidanza non si sono invece dimostrate efficaci. L’azione protettiva del latte materno risulta tanto più rilevante quanto più prolungato è rallattamento: gli anticorpi presenti nel lane della mamma sembrano capaci di modulare le resistenze del sistema immunitario del bambino.
Recentemente uno studio francese ha potuto dimostrare che attraverso il latte giungono al neonato anche altri fattori immunitari materni, che promuovono in lui lo sviluppo della tolleranza verso gli allergeni stessi: il sistema immunitario della mamma istruisce dunque quello in formazione del bambino. L’esposizione al fumo di sigarette e/o ad altri allergeni ambientali
(acari della polvere, muffe, pelo di animali domestici) nel corso del primo anno di vita aumenta il pericolo di sensibilizzazione, mentre l’assenza di questi fattori assume significato preventivo. Secondo studi recenti i lattobacilli, di cui è ricco lo yogurt, sembrano essere molto utili nella prevenzione e nella terapia delle allergie alimentari. Questi probionei, ottimizzando la flora batterica intestinale, fungono da modulatori del sistema inurunitario intestinale e lo aiutano a riconoscere in maniera corretta tutti gli alimenti, prevenendo la risposta allergica.