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Allergia al latte: sintomi e diagnosi

Quest’ultima circostanza è spiegata con il passaggio nel latte materno di minime quantità di allergeni alimentari, che inducono nel neonato allattato al seno una sensibilizzazione secondaria. Tra il primo e il secondo anno di vita, con gradualità, l’allergia al latte vaccino si riduce spontaneamente e nel terzo anno si risolve per circa l’85% dei bambini; per i rimanenti tuttavia l’allergia si protrae nel tempo ed è spesso accompagnata anche da manifestazioni allergiche verso altri alimenti.

Può scatenare reazioni anche gravi, sia per ingestione che per semplice imitazione di latte in polvere o di latte nebulizzato nell’ambiente (ad esempio, durante i processi di lavorazione del prodotto). I sintomi dell’allergia al latte possono interessare:

  •  l’apparato gastrointestinale, con vomito, diarrea, dolote addominale, sanguinamenti;
  •  l’apparato respiratorio, con tosse, congestione nasale, respirazione accelerata;
  • la cute, con orticaria ed eczema atopico.

Alcune proteine costituenti il latte sono responsabili delle reazioni allergiche nei soggetti sensibili, in particolare la cascina e le proteine del siero beta-lattoglobulina e alfa-lattoalbumina. Questi allergeni sono resistenti alle alte temperature, anche se l’esposizione al calore, a 110-1 15 °C, protratta per almeno 30 minuti, riduce la loro allergenicità; questo trattamento termico consente ad alcuni soggetti allergici di tollerare il lane sterilizzato. L’allergenicità del latte permane invece dopo trattamenti quali pastorizzazione, evaporazione, condensazione, liofilizzazione. La maggior parte dei bimbi allergici riacquista la tolleranza al lane prima dell’adolescenza.

Trattamento dietetico contro l’allergia al latte

I soggetti allergici devono escludere dalla dieta il latte come tale, oltre ai cibi nei quali esso compare come ingrediente, e sostituirlo cori altri attinenti nutrizionalmente equivalenti. A questo proposito è importante ricordare che l’uso alternativo di latte di capra o di pecora non è praticabile a causa dei frequenti casi di reattività crociata con il latte vaccino (92%); anche la sostituzione con latte di soia non è sempre possibile, poiché alcuni sonetti presentano sensibilità anche a esso. Per l’alimentazione dei lattanti allergici alle proteine del latte sono utilizzate formule lattee ipoallergeniche o altri preparati speciali indicati dal pediatra. Una dieta personalizzata e completa di tutti i principi nutritivi può evitare carenze nutrizionali derivanti dall’esclusione del latte, particolarmente dannose nei bambini. L’impostazione dietetica deve essere condotta in modo da garantire il giusto apporto di proteine, calcio e vitamine B2 e D, di cui sono ricchi il latte e i suoi derivati. Le modificazioni della dieta giornaliera dovranno essere tali da garantire le idonee quantità di questi nutrienti per ogni categoria e fascia d’età, con introduzione di alimenti alternativi che garantiscano l’equilibrio nutrizionale, particolare, l’esclusione di latte e derivati si riffe te sull’apporto totale di calcio assimilabile, che deve attestarsi intorno ai valori indicati dai LARN d’Assunzione Raccomandati di Nutrienti, calcolati sulla media dei bisogni minimi dell’intera popolazione italiana), attraverso il consumo di alimenti alternativi. La valutazione dell’apporto alimentare di calcio deve tener conto, oltre che della quota assunta attraverso gli alimenti, anche della frazione contenuta nelle acque da tavola, alcune delle quali contengono quantità anche consistenti di questo minerale. Per i soggetti allergici al latte, la necessità di ricorrere a integrazioni di calcio si configura in alcune fasi particolari della vita, come nell’infanzia, nell’adolescenza, durante la gravidanza, l’allattamento e nei soggetti a rischio di osteoporosi. L’eventuale ricorso a integratori deve essere deciso dal medico, soprattutto in caso di quadri clinici particolari.

Il calcio

E il minerale più abbondante del nostro organismo e circa 1200 grammi del peso totale di un individuo adulto sono dovuti a esso. È localizzato per la quasi totalità nelle ossa, da cui può essere mobilitato per sopperire ai bisogni di altri distretti dell’organismo, quando la concentrazione del calcio libero nel sangue è insufficiente.

Una piccola percentuale residua è coinvolta nei processi di regolazione enzimatica, di trasmissione dell’impulso nervoso, di contrazione muscolare e di coagulazione del sangue. Il latte e suoi derivati rappresentano la fonte alimentare di calcio più importante, ma discrete quantità di questo elemento sono presenti anche in broccoli, cavoli, cavolini di Bruxelles, rucola radicchio verde, carciofi, cardi, legumi secchi, fichi secchi, mandorle, noci, nocciole. Anche le acque minerali calciche, con una concentrazione di ione calcio maggiore di 150 mg/I, possono rappresentare una buona fonte di calcio da utilizzare con gli altri alimenti che ne sono ricchi.

In particolare è considerevole la biodisponibilità del calcio contenuto in acque minerali bicarbonato-calciche e a bassa concentrazione di sodio. Poiché la composizione mineralogica delle acque definisce anche le loro specifiche proprietà terapeutiche, il tipo di acqua più idoneo deve essere consigliato dal medico. L’assorbimento del calcio avviene nell’intestino in una quantità pari al 35-40% del totale contenuto negli alimenti, con variabili legate alle caratteristiche fisiologiche del soggetto e alla composizione del pasto. La vitamina e il lattosio contenuti nel latte favoriscono l’assimilazione del calcio, mentre la presenza nei cibi di fiuti, ossalati e di quantità eccessive di fosfati ne riducono la biodisponibilità. I fitati sono contenuti nella crusca dei cereali integrali e nei legumi; essi formano composti insolubili con calcio, magnesio, zinco, ferro, e ne diminuiscono l’assorbimento. La lievitazione dell’impasto del pane e la degradazione dei filati da parte della flora batterica intestinale ne riducono tuttavia fazione anti-nutrizionale. Gli ossalati, presenti in quantità ragguardevole nei pomodori, soprattutto se acerbi, negli spinaci, nella bietola, inibiscono anch’essi l’assimilazione del calcio. La percentuale di minerale assimilabile varia con l’età ed è massima durante l’infanzia, l’adolescenza o in condizioni fisiologiche particolari come la gravidanza, niente diminuisce con l’aumentare dell’età. Nelle diverse fasce di età, il fabbisogno di calcio varia. Nei bambini il livello di assunzione media raccomandala (LARN) oscilla tra 800 e 1000 mg al dì. Durante l’adolescenza, la rapida crescita e l’aumento della massa ossea richiedono un apporto di calcio superiore, corrispondente a 1200 mg. Fra i venti e i trent’anni la massa ossea raggiunge il picco massimo di densità e rapporto di calcio raccomandato corrisponde a 1000 ing. In gravidanza, in particolare nel terzo trimestre, e in fase di allattamento, il fabbisogno quotidiano di calcio aumenta fino a 1200 mg.

Negli adulti si attesta intorno a 800 mg. mentre negli anziani la ridotta emacità di assimilazione del minerale suggerisce un apporlo pari a 1000 mg/die. Per le donne in menopausa, invece, l’assunzione di 1200-1500 mg di calcio con la dieta e rabinttline a una regolare, anche se moderata, attività fisica riducono la perdita di massa ossea e, di conseguenza, il rischio di osteoporosi. Ricerche qualificate indicano che le diete ricche di proteine animali, sale e caffeina, una scarsa attività fisica e l’abitudine al fumo favoriscono la perdita di calcio da parte dell’organismo.

Sostituti di latte e derivati in cucina

Il latte vegetale – di soia, di riso, di mandorle, d’avena – può essere utilizzato come tale oppure per la preparazione di dolci, pane, biscotti, al posto del latte vaccino. Succhi di frutta o frullati di frutta fresca possono essere assunti al posto del latte a colazione o a merenda; se consumati con muesli o fiocchi di cereali (scelti fra quelli privi di latte come componente), rappresentano una scelta nutrizionalmente equilibrata. Il brodo di carne o vegetale o l’acqua di cottura delle verdure possono sostituire il latte nella preparazione di salse o condimenti salati. Il burro può essere sostituito con margarine 100% vegetali (leggere attentamente l’etichetta) e con oli di semi o d’oliva. Lo yogurt vegetale, prodotto con latte di soia o di riso, in tutte le sue varietà, può sostituire egregiamente il latte tradizionale. Anche la panna vegetale, ottenuta dalla soia e reperibile in numerosi punti venditi, offre una valida alternativa al prodotto tradizionale. Piccole quantità di crema di mandorle hanno un buon effetto legante nell’allestimento di vari piatti salati. In luogo del parmigiano grattugiato, i soggetti allergici al latte possono provare il gomasio, prodotto a base di sale e semi di sesamo tostati e macinati.
In alternativa ai latticini è possibile ricorrere al tofu, conosciuto anche come formaggio di soia, del tutto privo di latte. La varietà morbida, simile alla ricotta, mostra buona versatilità sia per la preparazione di ripieni per ravioli e paste imbottite sia come ingrediente negli sformati vegetali o in salse tipo besciamella (questa si può preparare anche senza latte facendo addensare, a fiamma bassa, una soluzione di farina di riso e acqua addizionata con qualche cucchiaio d’olio e poco sale). Il tofu a panetti (bianchi o aromatizzati alle erbe), spesso utilizzato per allestire vari piani della cucina, si presta prevalentemente a essere consumato cotto, saltato in padella, con un battuto di erbe aromatiche o con verdure di stagione, e rappresenta una valida alternativa ai formaggio; sulla pizza può sostituire la mozzarella. E’ reperibile in commercio anche la pasta sfoglia vegetale, fatta con margarina invece che con burro. Tra i dolci, i gelati di sola frutta e quelli di soia sono privi di lane; particolare attenzione deve tuttavia essere pasta circa la possibile contaminazione di contenitori o palette di distrilvione con gelati a base di latte. Il latte idrolizzato è un prodotto sottoposto a digestione enzimatica della componente proteica, fattore che consente un abbattimento della sua capacità allergizzante.  L’uso dei succhietti alimenti alternativi al latte vaccino è ovviamente subordinato all’assenza di altre forme allergiche che ne prescrivano l’impiego.

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