Non possiamo quindi definire corrette affermazioni come: “il fumo fa venire l’infarto”, la pressione alti causa l’infarto”…, ma è assolutamente vero che chi fuma, chi ha la pressione alta, o il diabete, corre un rischio nettamente più alto di avere un infarto. Spieghiamo allora il concetto di fattore di rischio dell’infarto. I fattori di rischio sono quelle caratteristiche individuali o collettive, spesso legate a particolari stili di vita, che pur non essendo la causa diretta di una malattia ne favoriscono fortemente l’insorgenza. La maggior parte delle persone al di sotto dei 65 anni colpite da ateroselerosi presenta uno o più fattori di rischio aterosclerotico. Un soggetto con almeno un fattore di rischio sviluppa più facilmente e più precocemente un’aterosclerosi di rilevanza clinica: se poi vi è una conpresenza di fattori, il rischio aumenta in modo esponenziale.
Cause dell’infarto: età, familiarità e genere
I fattori di rischio non possono essere nati eliminati. Ne esistono alcuni non modificabili: può sembrare ovvio ma l’età è quello più importante e non si può modificare; la probabilità di avere un infarto a 80 anni è dieci volte maggiore che a 30, e anche la mortalità dell’infarto aumenta con l’età, importante ma non modificabile è la familiarità: i genitori non possiamo sceglierli, e se nostro padre ha avuto un infarto prima dei 60 anni la nostra probabilità di averlo è più alta di quella di un nostro coetaneo.
Un altro fattore di rischio che non possiamo modificare è il sesso: nel maschio il rischio di avere un infarto è 4 volte maggiore che nella donna prima dei 50 anni di età, perché le donne in età fertile sono protette dagli ormoni sessuali femminili – estrogeni e progesterone – che ritardano la comparsa della malattia arterosclerotica delle arterie. Quando la donna entra in menopausa il rischio aumenta progressivamente e diventa uguale a quello degli uomini sopra i 70 anni. Ulteriori fattori di rischio sono correggibili, come l’ipertensione arteriosa e il diabete; altri ancora sono completamente eliminabili come il fumo o la vita sedentaria.
Il fumo in questo caso non esiste mediazione: il fumo fa male; non si deve fumare. Potremmo già passare oltre. Nella sigaretta vi sono numerosissime sostanze chimiche dannose, tra cui la nicotina. Responsabile della dipendenza è l’ossido di carbonio, che riduce drammaticamente l’ossigenazione del sangue. Certamente non è la stessa cosa fumare una o trama sigarette al giorno, poiché il rischio aumenta progressivamente con il nu-mero delle sigarette: più di venti sigarette al giorno triplicano il rischio d’infarto rispetto ai non fumatori. Il fumo è inoltre responsabile del tumore al polmone e ad altri organi, della bronchite cronica e della disfunzione erettile (la cosiddetta impotenza sessuale). Smettere di fumare riduce il rischio cardiovascolare fin dai primi giorni, mentre dopo due anni di sospensione il rischio si azzera. Ma è così difficile smettere di fumare? Mark Twain, il famoso scrittore ‘americano atono circa un secolo fa e creatore di Tom Sawyer, sosteneva che smettere di fumare è facilissimo: lui stesso aveva smesso oltre cento volte! Come in tutte le dipendenze, il problema più difficile da risolvere è quello di natura psicologica; se non si ha la volontà di smettere, qualsiasi aiuto diventa inutile. Chewing gum e cerotti alla nicotina, farmaci che agiscono sul sistema nervoso, corsi di supporto gestiti da psicologi, sono tutti strumenti utili per aiutare un soggetto motivato ma diventano un’inutile perdita di tempo se la persona non è convinta che smettere di fumare sia importante per la sua salute. D’altronde la sospensione dell’abitudine del fumo deve essere brusca e definitiva: ridurre non serve, anche perché dopo poco tempo si ritornerà a fumare la dose abituale, la soluzione migliore è non iniziare mai a fumare: perciò occorre promuovere un corretto stile di vita anche tra i bambini. Ma qui entriamo in un terreno scivoloso, perché un messaggio troppo coercitivo rischia di produrre l’effetto opposto: il fascino del proibito.
Colesterolo e obesità
Poiché spesso si trovano associati nella stessa persona, colesterolo e obesità si possono trattare insieme.
Che cos’è il colesterolo? II colesterolo è il precursore degli ormoni steroidi (ormoni sessuali) e degli acidi biliari. In qualsiasi momento, una quantità di colesterolo pari a circa un cucchiaio da tavola circola nel sangue di un adulto. II colesterolo, da solo, non può viaggiare nel sangue perché non è solubile in acqua, ma deve viaggiare necessariamente legato a delle proteine. Le lipoproteine che trasportano il colesterolo sono prevalentemente le LDL e le HDL. Le LDL (lipoproteine a bassa densità) hanno il compito di trasportare il colesterolo dal fegato ai tessuti, dove viene utilizzato, mentre le HDL hanno la funzione opposta, in quanto prelevano il colesterolo dai tessuti e Io riportano al fegato. Se le LDL aumentano troppo nel sangue, diventano pericolose in
quanto tendono a depositare il colesterolo nella parete delle arterie, favorendo la formazione delle placche athosclerotiche. Al contrario, le HDL (lipoproteine ad alta densità) tendono a rimuovere il colesterolo dalle arterie contrastando la formazione delle placche. II colesterolo “cattivo”, quindi, è quello trasportato dalle LDL; è invece ‘buono” quello trasportato dalle HDL.
Da dove proviene il colesterolo?
Una parte di colesterolo proviene dal cibo, in larga misura dall’orlo d’uovo e dal grasso animale. La maggior parte del colesterolo è però costruita direttamente dal nostro organismo. La sede principale della sintesi (costruzione) del colesterolo è il fegato, anche se tutti gli altri organi, a eccezione del cervello, possono sintetizzarlo. Se con l’alimentazione assumiamo elevate quantità di colesterolo il fegato ne riduce la costruzione, anche se non la azzera completamente: ne consegue che un’alimentazione eccessivamente sbilanciata verso cibi ricchi di colesterolo farà aumentare la concentrazione di colesterolo nel sangue; in questo caso una restrizione del colesterolo nella dieta ridurrà la colesterolemia. Esistono iporcolesterolomie in cui la dieta ha scarsa incidenza: sono le ipercolesterolemie familiari in cui l’aumento della colesterolemia è dovuto a difetti, trasmessi per via genetica, del metabolismo del colesterolo; vi sono persone che per gli effetti ereditati dai genitori hanno valori elevati, talvolta elevatissimi, di colesterolemia, pur essendo a dieta rigorosa e magri.
Qual è il valore di colesterolemia medio della popolazione italiana?
Circa 225 mg/dL. Cosa vuol dire? È alto? Certamente non è basso, si è alzato di oltre 20 punti nell’ultimo secolo e il trend è in aumento. E questo non è certo un fatto positivo.
Perché l’ipercolesterolemia si associa a coronaropatia?
Il colesterolo può aumentare nel sangue per due motivi:
• aumentata introduzione con la dieta;
• aumentata concentrazione su base genetica familiare.
Quando nel sangue circolante vi è un eccesso di colesterolo LDL questo infiltra la parete dei vasi sanguigni entrando nella costituzione della placca aterosclerotica d. Al contrario, il colesterolo HDL (il cosiddetto spazzino delle arterie) alto, sopra 50 ing/dL, esercita un’azione protettiva sulla parete delle arterie.
Lo studio di Framingham e successivi numerosi altri studi hanno evidenziato con chiarezza che le persone che hanno il colesterolo HDL elevato (sopra 50 mg/dL) hanno meno probabilità di avere un infarto rispetto a coloro che ce l’hanno basso (sotto 40 mg/dl). Per l’insorgenza dell’infarto non è tanto importante il grado di stenosi determinato dalla placca, quanto la struttura della placca stessa. Le placche più ricche di grassi (quelle cioè in cui il contenuto di grasso occupa più del 40% della placca), benché rappresentino solo il 10-20% del numero totale delle lesioni, sono responsabili dell’80-90% degli eventi cardiaci; in quanto le placche più ricche di grasso hanno maggiori probabilità di rompersi e di ulcerarsi con conseguente formazione del ‘rombo.
Che valori sono auspicabili per il colesterolo?
Certamente è preferibile che il colesterolo sia il più basso possibile, ma non si deve comunque generalizzare. In una donna giovane senza fattori di rischio non preoccupa molto un colesterolo totale di 250 mg/d1 ma in un uomo di 50 anni, diabetico e iperteso, è bene cercare di avere un colesterolo totale sotto i 200 ing/d1, e in particolare il colesterolo LIN sotto 100 ing/dL. Perciò deve valere il concetto secondo cui non va curato il colesterolo elevato ma il singolo individuo, dal momento che diverse persone, a parità di concentrazione colesterolo nel sangue, possono avere profili di rischio assolutamente difformi.